Livelli più elevati di colesterolo totale (TC) e LDL (c-LDL) sono associati a un minore rischio di malattia di Parkinson (PD) negli uomini. Lo dimostrano i risultati di un grande studio osservazionale presentati nel corso dell’International Congress of Parkinson’s Disease and Movement Disorders (MDS) 2017.
Lo studio di grandi dimensioni che ha incluso una coorte su larga scala per un lungo periodo di follow-up, ha analizzato i dati relativi al periodo compreso dal 1999 al 2012 ricavati dai Maccabi Healthcare Services, un’organizzazione israeliana di assistenza sanitaria che rappresenta il 25% della popolazione del Paese.
Nel trial erano presenti 261.638 persone di età compresa tra 40 e 79 anni che non assumeva statine. Questi soggetti sono stati seguiti dalla baseline fino alla morte o alla fine dello studio o alla diagnosi di PD. Dai test ematici annuali, i ricercatori hanno raccolto informazioni sui livelli di TC, c-LDL e colesterolo delle lipoproteine ad alta densità (c-HDL).
I ricercatori hanno suddiviso i livelli di TC in ‘più elevati’ (210 mg/dL o più), ‘medi’ (da 180 a 209 mg/dL) e ‘nel terzile inferiore’. Categorie simili sono state applicate anche per c-LDL: ‘più elevati’ (140 mg/dL o più), ‘medi’ (da 110 a 139 mg/dL) e ‘nel terzile inferiore’.Sono stati impiegati i modelli di rischio proporzionale di Cox con covariate tempo-dipendenti per stimare i rapporti di rischio (hazard ratio, HR) per la PD.
I risultati sono stati stratificati per età e genere. Durante una media di 7,9 anni, la malattia di Parkinson è stata diagnosticata nello 0,3% dei partecipanti di età compresa tra i 40 e i 64 anni e nel 3,3% di quelli di età compresa tra i 65 anni.
Tra gli uomini, i livelli medi e superiori di TC e c-LDL erano significativamente associati a un rischio minore per PD. Per il TC, l’HR aggregato per età è risultato di 0,91 (intervallo di confidenza del 95% [CI], 0,83 – 1,04) e per c-LDL l’HR aggregato si è attestato a 0,86 (95% CI, 0,76-0,97). L’associazione non era significativa nelle donne. In entrambi i generi i livelli di cHDL non hanno determinato alcun influsso sul rischio di PD.
Secondo gli autori, come dimostrato da altri studi, il colesterolo potrebbe entrare in alcuni meccanismi protettivi in organi periferici, come l’intestino, in cui inizia la PD. Un altro meccanismo potrebbe basarsi sull’allele epsilon 2 dell’apolipoproteina E (APOE epsilon), associato sia al PD sporadico che a più bassi livelli di c-LDL. I livelli di colesterolo più bassi, ipotizzano gli autori, sarebbero marcatori dei cambiamenti nello stile di vita che danno inizio ai processi neurodegenerativi anni prima della diagnosi. Sulla diversa significatività dei risultati nei due generi ha portato a considerare un ruolo modulatore anche degli ormoni sessuali e del fenotipo APOE.
Alla luce di questi nuovi risultati, che confermano come un approccio “una-taglia-uguale-per-tutti” (one-size-fits all) nella pratica clinica possa trascurare i possibili benefici di livelli di colesterolo più elevati in alcuni pazienti, gli autori auspicano una personalizzazione delle terapie basate sulla stratificazione del rischio e sul background del singolo paziente.